CALL FOR PAPERS

L’ambigua e controversa natura di quella che è definita, con più o meno liceità, “magia” è difficilmente circoscrivibile a un’univoca sfera semantica e disciplinare e, nel corso degli anni, sono stati più frequenti i tentativi di tracciarne dialetticamente un orizzonte di significato, contrapponendola a campi d’indagine dai confini più netti come la scienza o la religione, piuttosto che quelli rivolti a individuare le sue intrinseche specificità.

Anche nella linguistica moderna, come sottolinea bene Cardona nella sua Introduzione all’etnolinguistica (2006[1976]: 192), gli aspetti sacrali e magico-religiosi della lingua sono stati quasi del tutto tralasciati. Eppure, come ricorda Mauss in Teoria generale della magia (1902), «la magia è da molto tempo oggetto di studi» e, anche se «quelli degli antichi filosofi, degli alchimisti e dei teologi, essendo puramente pratici, appartengono alla storia della magia e non devono trovare posto nella storia dei lavori scientifici», ciò non toglie che siano stati fondamentali e propedeutici, specie in vista delle prime ricerche dal valore più propriamente teorico, le quali per il sociologo «cominciano con gli scritti dei fratelli Grimm» (Mauss 1965: 5).

Il fatto che a inaugurare tale filone siano gli autori di Kinder und Hausmärchen (1812-1822) non stupisce, se si tiene conto del carattere spesso sfumato che tendono ad assumere ancora oggi, in letteratura e altrove, i concetti di ‘fiabesco’, ‘fantastico’ e ‘magico’.

A riportare tali tematiche all’attenzione, fin dai primi del Novecento, concorrono alcuni di quelli che diverranno i testi basilari della semiotica, come Morfologia della fiaba (1928) di Propp, ma anche nuove correnti artistiche come il realismo magico, sviluppatosi in ambito pittorico e, successivamente, letterario, a partire da Storia universale dell’infamia di Borges (1935). Una simile poetica confluisce poi nella settima arte, in film come La città incantata (2001) di Miyazaki, che evidenzia quel legame con il magico che il cinema detiene fin dalle sperimentazioni di Méliès, il primo a impiegare il cinematografo Lumière non già a scopi puramente documentari, ma per implementare i suoi spettacoli illusionistici grazie all'introduzione del montaggio e di veri e propri effetti speciali. Questa capacità di fascinazione che accomuna progresso tecnologico e scientifico alla magia, ritenuta peraltro da taluni una sorta di ‘scienza prima della scienza’ (cfr. Frazer, Il ramo d’oro), rispecchia però solo in parte il complesso polimorfismo del magico e il modo in cui esso è stato concepito in luoghi, culture e momenti storici differenti. Se, ad esempio, «la magia e l’astrologia [sono] considerate dal sapere medioevale come il dominio del demoniaco», stando a quanto è contenuto in trattati quali il Liber Aneguemis (IX sec.) o il Picatrix (1256), in epoca rinascimentale sono invece riqualificate come «strumenti e mezzi per stabilire l’illimitata signoria umana sul mondo» (Vasoli, 1976: 30), mentre nel romanticismo mutano ancora una volta valenza, come dimostra il concetto di ‘idealismo magico’ espresso da Novalis o la messa in scena di balletti quali La Sylphide (1832) e opere di teatro musicale come Robert le Diable (1831) di Meyerbeer.

Il magico, però, lungi dall’essere esclusivamente un retaggio del passato, può anzi assurgere ad elemento chiave per una lettura del nostro presente e futuro, anche e soprattutto a partire dalla realtà che ci circonda. Emblematico, in questo senso, è il caso della città di Torino, interpretata come vertice comune tanto al cosiddetto ‘triangolo della magia bianca’ quanto al ‘triangolo della magia nera’, a partire dall'indagine giornalistica di Dembech. Così, come è accaduto per il ‘cerchio magico’ teorizzato da Huizinga in Homo ludens (1938), la cui porosità permette un continuo scambio tra spazio reale e spazio di gioco o finzione, anche il fenomeno della magia sembra investire diversi aspetti della quotidianità e si costituisce come un campo d’indagine indipendente e trasversale, degno di attenzione e studi accademici che mirino a delinearne tratti formali, funzioni e potenzialità ancora inesplorate.


Muovendo da tali considerazioni preliminari, il convegno sarà l’occasione per riflettere in particolare sulle seguenti aree disciplinari:

1. letteratura, teatro, musica, cinema e nuovi media

2. semiotica e ludologia

3. linguistica


Le sessioni del convegno saranno organizzate per aree tematiche e non necessariamente disciplinari, nell’auspicio di creare momenti di confronto tra studiosə di settori diversi.

Il convegno si rivolge a dottorande, dottorandi ed early researchers (max. 2 anni dalla conclusione del dottorato). Nello spirito di scambio e collaborazione che il convegno si impegna a promuovere, sarà ben accetta la presentazione di proposte a più voci (max. 3 speakers).

Le lingue ufficiali del convegno sono l’italiano, l’inglese e il francese.

Per ciascuna relazione è prevista una durata di 20 minuti.

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